Al San Camillo di Roma si calpesta un diritto fondamentale assumendo ginecologi che non abbiano sollevato obiezione di coscienza all’aborto.
Il comunicato stampa dell’AIGOC in proposito è molto chiaro.
La notizia riportata oggi dai mass media dell’assunzione a tempo indeterminato di due ginecologi non obiettori dopo apposito bando per “Dirigente Medico disciplina ostertricia e ginecologia (da destinare al Settore del Day Hospital e Day Surgey) per l’applicazione della Legge 197/1978 – interruzione volontaria della gravidanza”, ci preoccupa e ci rattrista allo stesso tempo.
Prima di esporre i motivi della nostra preoccupazione ci sembra necessario ribadire – considerato che il Commissario ad acta Zingaretti ed il Direttore Generale D’Alba sembra che lo ignorino o fanno finta di non saperlo – che la legge 194/1978 non riconosce alle donne un “diritto” all’aborto volontario, ma consente loro di farlo gratuitamente e legalmente nelle strutture pubbliche a certe condizioni e se è impossibile superare le condizioni e le difficoltà che spingono la donna a chiedere l’aborto ( leggi articoli 1, 2, 4 e 5 della legge 194). E’ falso e strumentale affermare che ci sono due diritti che confliggono perché c’è solo il diritto costituzionale del medico di obiettare, riconosciuto anche esplicitamente dall’art. 9 della stessa legge 194/1978, che viene dispoticamente calpestato.
Il carico di lavoro medio dei ginecologi non obiettori nel Lazio è di 3,2 ivg/settimana (min. 0,7 e max 7 ivg/settimana), la percentuale di ginecologi obiettori 78,2%, la percentuale del tempo di attesa tra 22-28 giorni l’11,3%.
I dati offerti dall’ultima relazione al Parlamento del Ministro della Salute, che riportano la copia del pronunciamento definitivo del 6 luglio 2016 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che ha respinto la denuncia presentata in data 17 gennaio 2013 dalla GGIL contro l’Italia in merito alla mancata applicazione della legge 194/78 riguardo all’accesso ai servizi IVG in relazione all’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari, fotografano in modo chiarissimo la situazione!
Non esiste la necessità di un siffatto bando di concorso, illegale ed incostituzionale, dal momento che in caso di necessità – come ha affermato la stessa ministro Lorenzin – si può ovviare ad eventuali necessità con la mobilità del personale. Le paventate clausole contrattuali, di cui parla il Direttore Generale, calpestano ulteriormente il diritto fondamentale di ogni persona di obbedire alla propria coscienza e limitano la libertà dei medici di esercitare la propria professione secondo scienza e coscienza e di avvalersi dell’obiezione di coscienza quando diventa insostenibile per la loro coscienza il peso dei numerosi bambini cui hanno impedito di vivere e di vedere la luce del sole.
L’alta percentuale di ginecologi obiettori – bisogna avere il coraggio di riconoscerlo! – è motivata proprio dal fatto che tutti i medici sanno bene che chi viene eliminato con l’aborto volontario è un bambino, che magari qualche ora o qualche istante prima hanno visto muoversi sullo schermo dell’ecografo.
L’altra verità, che chi tenta di fare queste forzature amministrative, deve avere il coraggio di riconoscere, è che loro non considerano più – o non l’hanno mai considerato anche se più volte declamato – che l’aborto è un dramma per la donna, la coppia, la famiglia e la società tutta. Se considerassero l’aborto un vero dramma non creerebbero delle strutture dove si pratica l’aborto volontario come il settore citato nel bando di concorso e sarebbero ben lieti di avere nei consultori pubblici più medici obiettori che aiutino le donne tentate di abortire a superare le difficoltà che le spingono a chiedere l’aborto, come indicato dall’art. 2, 4 e 5 della legge 194/1978.
Non ci sarebbe anche l’obbligo per i pochi ginecologi obiettori presenti nei Consultori pubblici laziali (5% nei 99/150 Consultori del Lazio che hanno inviato i dati) a fare la certificazione per l’aborto, che – lo ribadiamo – è un documento indispensabile per la donna per potersi recare dopo 7 giorni di riflessione ad abortire perché questa rientra tra le procedure e le attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza da cui è esonerato il medico che si avvale dell’obiezione di coscienza.
Ci spiace doverlo constatare, ma il comportamento di questi amministratori e quello dei Parlamentari dello stesso partito in Parlamento sul ddl sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento dimostrano chiaramente la loro indole totalitaria, dittatoriale e la volontà di ridurre il medico a puro esecutore delle loro volontà sacrificando tutto il patrimonio di cultura scientifica, umana e solidaristica che da sempre contraddistinguono la nostra professione.
AIGOC, Associazione Italiana Ginocologi e Ostetrici Cattolici
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