In Italia tutti paghiamo gli aborti di tasca nostra. E’ perciò possibile – e sarebbe doveroso – fare obiezione di coscienza, obiezione fiscale.
Ne parlammo l’anno scorso, nel numero di maggio della nostra rivista Notizie proVita. Approfittiamo di questo momento per ricordarlo ai nostri Lettori: si può aderire alla campagna “Obiezione alle Spese Abortive” (OSA), che da più di vent’anni è promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII.
Possiamo e dobbiamo osare un gesto di disubbidienza civile, certamente simbolico (perché si tratta di rifiutarsi di pagare pochi euro a testa), ma con un alto valore simbolico.
È un modo forte per dimostrare che, dal basso, il popolo italiano si oppone alla cultura della morte: sa che la Vita è il bene più prezioso, che va tutelato, protetto in modo radicale, soprattutto laddove le persone sono più vulnerabili, deboli e senza voce.
Per ogni aborto le Regioni rimborsano agli ospedali mediamente 1.100 – 1500 Euro: attingono dal gettito dell’addizionale Irpef, dell’Irap, del bollo auto e altre tasse.
La madre che abortisce non spende nulla, nemmeno un ticket (a differenza di quanto avviene per quasi tutte le prestazioni mediche e diagnostiche), anche se fosse la donna più ricca d’Italia. Paghiamo tutto noi, al 100%, anche le visite e gli esami prima dell’intervento.
Diceva il fondatore della Papa Giovanni XIII, don Oreste Benzi: “È un sacrosanto diritto rifiutarsi di finanziare attività contro la vita “.
Si potrebbero pagare 5 euro in meno al momento del pagamento del bollo auto. Poi si invia una ‘dichiarazione di obiezione’ al Presidente della Repubblica, al presidente della propria Regione e all’Agenzia delle Entrate. La somma non versata alla Regione andrebbe donata a favore di una realtà che opera in difesa della vita nascente (anche ProVita per esempio!). Se volete approfondire, guardate qua.
Redazione
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contro l’inerzia delle autorità di fronte alla mercificazione delle donne e dei bambini