09/12/2021 di Manuela Antonacci

Ojetti (Amci): «Col Suicidio assistito si spalanca la porta allo scarto di disabili, anziani e malati gravi»

Lunedì 13 dicembre il Testo Unico sul Suicidio Assistito approda in Aula, alla Camera. Nel frattempo il dibattito politico assume toni sempre più infuocati, tra chi sostiene la proposta di legge in toto e chi vorrebbe bocciarla. Insomma, un tema, quello della tutela del diritto alla vita, che coinvolge soprattutto il mondo della politica, ma anche il mondo della scienza e in particolare della medicina, perché porta i medici a porsi degli importanti interrogativi sul loro ruolo e il fine vero della loro professione. Ne abbiamo parlato con Stefano Ojetti nuovo segretario nazionale dell’Amci (Associazione Medici Cattolici Italiani).

 

Il Testo Unico sul Suicidio Assistito più che un tentativo di alleviare le sofferenze di chi è malato appare come un subdolo invito a farla finita. Dunque possiamo dire che rappresenta un condizionamento forte per chi è già in una condizione di vulnerabilità?

«Certamente sì, infatti le condizioni dettate dalla legge presentata in Parlamento, si riassumono sostanzialmente “nell’essere tenuto in vita da trattamento di sostegno vitali, nell’essere affetto da patologia irreversibile, nell’essere soggetto a sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili, nell’essere capace, infine, di prendere decisioni in maniera libera e consapevole”. Ognuna di queste condizioni, di fatto, lascia libera interpretazione soggettiva non essendo, tranne che per l’essere affetto da patologia irreversibile, tutte obiettivamente dimostrabili, ma lasciate alla comunicazione del soggetto.

Dunque c’è una forte componente soggettiva, pericolosa per l’interpretazione dei sostenitori dell’eutanasia?

«Sì, anche perché spesso il sofferente non è libero di decidere autonomamente, ma è condizionato, il più delle volte, da vari fattori di tipo economico, assistenziale, familiare. Rimane, poi, la problematica relativa all’interpretazione dell’ “essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitali ”, riguardo alla quale, come accaduto nella regione Marche, il comitato etico ha ritenuto “sostegni vitali” anche un pacemaker (condizione comune a molte malattie cardiache), un catetere vescicale (situazione abituale in svariate patologie urologiche) e il dover essere sottoposto a periodica manovra di evacuazione manuale. È indubbio che tutte queste condizioni possano rappresentare una forte motivazione alla richiesta di suicidio assistito; situazioni che certamente creano disagio, ma ben lungi dall’esser “ventilati meccanicamente” o “nutriti con terapia parenterale”, uniche condizioni che, in un recente passato, giustificavano, per i sostenitori della “dolce morte”, una richiesta eutanasica.

Un precedente pericoloso…

«Esatto, perché se dovesse passare l’assunto infatti che un pacemaker o un catetere vescicale possano essere considerati come trattamento di sostegno vitale, allora qualsiasi farmaco salvavita “dai cardiovascolari agli ipoglicemizzanti” potrà, secondo tale criterio, esser considerato come tale e giustificare quindi una richiesta di suicidio assistito».

Per promuovere certe "battaglie" si invoca il principio della “qualità della vita" che, però, cambia con il corso del tempo: con gli anni, gli elementi che davano qualità alla vita, sono destinati a cambiare: pensiamo a come cambia la vita a vent’anni o a sessanta. Si può quindi decidere a priori questo criterio?

«E’ indubbio che, attraverso i grandi progressi della medicina, oggi si possono salvare vite un tempo considerate perdute, ma anche assicurare una migliore qualità della vita oltre che, naturalmente, un aumento della sopravvivenza ed è in questo contesto che si è sviluppato, nella attuale società, una nuova “Cultura della qualità della vita” per cui un suo ridimensionamento ne rende insopportabile l’esistenza; in tale contesto anche i capelli bianchi, le rughe, vengono guardati come una tragedia da evitare».

Cosa ha comportato questo “cambiamento”?

«Che si è passati, così, da una medicina dei bisogni, che mira alla cura della malattia, alla medicina dei desideri rivolta alla cura dell’aspetto fisico, alla programmazione in provetta del figlio perfetto, alla chiusura alla vita secondo logiche che poco spazio lasciano al disabile grave, all’anziano non autosufficiente, al malato terminale. La nostra società, tesa ad esaltare i valori dell’individualismo, dell’efficientismo tecnologico e del massimo rendimento economico, ha finito per ridurre l’uomo ad “uno strumento ottimale “ai fini del profitto, dequalificando, squalificando, emarginando o annullando chi non è più inserito in un ruolo produttivo. E d’altronde in linea con tale visione circa la qualità della vita, è quello che pensava anche Umberto Veronesi quando, nel libro “L’Eutanasia ed etica del medico”, affermava che “gli individui improduttivi, una volta assolto anche il compito di trasferire ai nuovi individui esperienza e conoscenze, è giusto che scompaiano”».




Firma la petizione per bloccare il testo unico sul suicidio assistito!

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