Gli Stati Uniti e gli stati africani, nei giorni scorsi, hanno respinto la risoluzione ONU sulle migrazioni perché gli europei avevano insistito per l’inclusione in esso di espressioni tipiche della propaganda pro aborto e per l’esclusione di affermazioni tese a proteggere l’indipendenza e la sovranità nazionale dei singoli Paesi membri.
La Commissione ONU sulla Popolazione e lo Sviluppo presieduta dal Romeno Jinga ha tentato di far passare una bozza di risoluzione con il solito stile neolinguesco: gli europei hanno calcolato il rischio della bocciatura, preferendo che non si addivenisse a un accordo, piuttosto che passasse un testo che escludesse un “diritto” internazionalmente riconosciuto all’aborto.
Quanto all’espressione “sovranità”, Jinga ha tentato di convincere i delegati che – pur non essendo presente nel testo – essa fosse sottintesa. Il delegato dell’Algeria ha invece sottolineato che la principale definizione di sovranità è nella Carta dell’ONU, ed è un principio sacro della Carta stessa, che va senz’altro ed esplicitamente rispettato.
Il delegato statunitense ha definito l’ostinazione degli Europei e il mancato raggiungimento di un accordo “deplorevole”. Ma gli USA erano stati molto chiari sin dall’inizio nel non essere disposti ad accettare riferimenti ambigui all’aborto con espressioni tipo “salute sessuale e riproduttiva”, che sono la chiave subdola usata da tempo per addivenire al riconoscimento internazionale di un “diritto” all’aborto che tuttora non esiste e non deve poter esistere.
La coalizione europea comprendeva i delegati di Germania, Francia, Regno Unito e Paesi Nordici, a cui si sono aggiunti Giappone, Canada, Australia, e altri Paesi minori, una trentina in tutto. All’ONU siedono i rappresentanti di 193 Stati.
È la terza volta in quattro anni che la Commissione non è riuscita a raggiungere un accordo.
Stefano Gennarini
[Traduzione non rivista dall’autore a cura della Redazione]
Fonte: C-fam