L'Oregon, il primo stato degli USA a legalizzare il suicidio assistito, si sta muovendo per espandere il suo programma pro-morte permettendo ai non residenti che lo desiderano di viaggiare nel proprio territorio per suicidarsi.
Dopo che una causa legale ha contestato il requisito di residenza dell'Oregon per coloro che vogliono sottoporsi all’eutanasia, l'Oregon Health Authority e l'Oregon Medical Board hanno accettato di smettere di applicare la disposizione. Le aziende chiederanno anche che la legislatura rimuova ufficialmente il requisito di residenza, permettendo così al turismo della morte di prosperare.
«Questo requisito era sia discriminatorio che profondamente ingiusto per i pazienti morenti nel momento più critico della loro vita», ha detto Kevin Diaz, un avvocato di Compassion & Choices. Diaz ha persino negato che le nuove norme possano invogliare i candidati al suicidio ad intraprendere un viaggio per morire proprio in Oregon. «Non c'è nessun turismo in corso». Vero. Ma si apre proprio a questo.
E già in passato ci sono stati casi al limite del “turismo”. La persona più famosa a sottoporsi al suicidio assistito in Oregon, Brittany Maynard, si era infatti trasferita in Oregon nel 2016, per sua stessa ammissione, al solo scopo di uccidersi. Già oggi Paesi senza requisiti di residenza per il suicidio assistito, come la Svizzera, vedono persone che viaggiano da tutto il mondo per pagare decine di migliaia di dollari ed avere medici che li assistano nei loro suicidi. Ovviamente per i sostenitori del suicidio assistito e dell’eutanasia, anche il turismo per l’eutanasia è un segno che più Stati debbano liberalizzare il suicidio assistito dei loro malati.
Il più recente Rapporto annuale dello Stato dell’Oregon ha ribadito che le persone si sottopongono al suicidio assistito per motivi preoccupanti, tra essi il "perdere l'autonomia" e l’essere "meno in grado di impegnarsi in attività che rendono la vita piacevole" sono in cima alla lista delle ragioni per le quali si chiede e si ottiene l’eutanasia. Inoltre, come se non bastasse, emerge come meno dell'1% dei pazienti uccisi siano stati indirizzati prima della scelta definitiva da psichiatri e psicologi, e pochissimi di loro dicevano di avere dolori incontrollabili.
Laura Echevarria, una portavoce del National Right to Life, ha dichairato alla NBC News che l'organizzazione teme che queste decisioni non solo incoraggeranno il turismo della morte, ma apriranno anche le porte a più abusi della legge, poiché i pazienti non vedranno medici che conoscono la loro storia clinica, ma saranno semplici esecutori della morte. «La speranza – ha affermato - è che i medici continuino a valutare i pazienti con obiettività e nell’interesse della loro salute, ma certamente si creerà una situazione in cui ci potrebbero essere ancora più abusi». L’Italia vuole aprire questa porta e percorrere questa strada?