Alla Camera l’eutanasia avanza e con metodi come minimo discutibili. L’approvazione della prima bozza nella giornata di mercoledì è avvenuta ai limiti dell’irregolarità. A denunciarlo è l’intero gruppo della Lega alla Commissione Giustizia e Affari Sociali di Montecitorio, in un comunicato firmato dal capogruppo Roberto Turri, assieme a tutti i deputati leghisti della Commissione, Jacopo Morrone, Ingrid Bisa, Flavio Di Muro, Riccardo Augusto Marchetti, Anna Rita Tateo, Luca Rodolfo Paolini, Manfredi Potenti e Alessandro Pagano.
«Anche oggi abbiamo assistito all’ennesima prevaricazione da parte dei presidenti 5S delle due commissioni, #Giustizia e #Affarisociali, che non solo hanno ignorato la nostra richiesta di bilanciare gli equilibri con la nomina di un relatore esponente del centrodestra, ma hanno perfino impedito che prendessimo parte all’approvazione finale del testo che è quindi passato senza che noi ci esprimessimo», si legge nella nota del gruppo della Lega alla Commissione Giustizia.
I deputati del Carroccio denunciano il «fatto gravissimo», avvenuto mercoledì a commissioni riunite, «quando i presidenti Mario Perantoni e Marialucia Lorefice hanno interrotto gli interventi e subito messo ai voti il testo base senza consentirci di intervenire in dichiarazione di voto. Di fronte alla consueta forzatura da parte dei presidenti del Movimento 5Stelle – concludono i leghisti – scriveremo al Presidente della Camera Fico per denunciare l’irregolarità del voto e affinché vengano presi provvedimenti adeguati».
Qual è, tuttavia, l’antefatto della vicenda di questo voto dai contorni tanto controversi? Dopo che il precedente relatore, l’onorevole Giorgio Trizzino aveva lasciato il M5S, approdando al Gruppo Misto, il presidente della Commissione Giustizia, Mario Perantoni (M5S) si era posto il problema della sua sostituzione. Perantoni avrebbe voluto scegliere un deputato di «strettissima fede pentastellata», allo scopo, a suo dire, di «rispettare la maggioranza», riferisce a Pro Vita & Famiglia il deputato leghista Alessandro Pagano.
«A questo punto – prosegue Pagano – abbiamo posto una questione molto rilevante: da febbraio la maggioranza si è allargata, quindi non vanno considerati più solo PD e M5S ma anche Lega e Forza Italia. Serviva cioè un parlamentare che rispecchiasse tutti gli orientamenti. Perantoni, tuttavia, è andato avanti come un treno, rendendosi però conto di aver commesso una forzatura non solo regolamentare ma anche etica».
Questa situazione di stallo è durata tre settimane. Nel frattempo, anche Walter Verini, capogruppo del PD in Commissione Giustizia, ha preso atto della necessità di un terzo componente tra i relatori. È stata così scelta Giusi Bartolozzi (Forza Italia), la quale però ha quasi subito lasciato l’incarico. «A questo punto, il presidente della Commissione avrebbe dovuto essere coerente e nominare un ulteriore sostituto appartenente a Forza Italia o alla Lega – osserva l’onorevole Pagano –. Perantoni, però, è andato dritto per la sua strada e ha anche affermato chiaramente, cosa gravissima, che i relatori dovrebbero essere “di fiducia del presidente”. Questo fatto, entrando in palese contraddizione per ben due volte con la dinamica che ho spiegato, dimostrando tutta la sua faziosità».
Le irritualità non finiscono qui. È ancora Alessandro Pagano a spiegare a Pro Vita & Famiglia i successivi sviluppi: «Mercoledì il testo è stato messo al voto e, tra i cinque presenti (uno portava la mia firma), non si comprende con quale criterio, è stato scelto il testo di Alfredo Bazoli (PD). Il regolamento della Commissione afferma che, quando i testi sono più d’uno, devono essere scelti secondo un criterio logico e sostenibile. In questo caso, il criterio è quello dei due relatori».
A questo punto, si è accesa la conflittualità all’interno della maggioranza (PD e M5S da una parte, Forza Italia e Lega dall’altra), «Perantoni – racconta ancora l’onorevole Pagano – ha realizzato due anomalie in un colpo solo: non solo non ha rispettato l’assetto attuale della maggioranza, sostituendo addirittura due volte un componente a suo piacimento, ma ha anche messo in campo un testo base che non rispecchia assolutamente le visioni complessive della maggioranza».
I deputati di centrodestra hanno dunque sollevato un problema di forma. «Se Perantoni si è comportato così scorrettamente dal punto di vista formale – lamenta Pagano – posso immaginarmi cosa succederà quando si andrà al voto con tutti i parametri che connotano una proposta di legge, che, peraltro, tocca un tema non banale come il fine-vita».
Da qui la decisione dei deputati del gruppo leghista di fare appello al presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico. «Il presidente non è garante di un potere personale. È garante del Parlamento in Commissione, nell’assemblea dovrebbe essere “terzo” rispetto alle dinamiche complessive, dovrebbe rappresentare maggioranza e opposizione. Qui, però, siamo di fronte a un’impostazione ideologica, che ha portato il presidente della Commissione a scegliere le persone in base al suo progetto personale, dimostrandosi fazioso e non rispettoso delle regole istituzionali», ha quindi concluso Pagano.