30/04/2018

Perché mentire sull’eutanasia, anche nel cerificato di morte?

L’eutanasia legale dilaga e viene somministrata anche senza il consenso dei morituri, per ammissione degli stessi eutanasisti (leggete qui). E l’eutanasia sfugge ai controlli e alle statistiche, leggiamo sulla rivista di bioetica Bio Edge.

“Morire, mio ​​caro dottore! Questa è l’ultima cosa che farò”, disse il segretario degli esteri britannico, Viscount Palmerston, non molto tempo prima di passare a miglior vita, nel XIX secolo.

Per tutti noi, morire è l’ultimo e forse più significativo momento della vita. Ecco perché registrare la causa esatta della morte è una questione che richiede scrupolosa accuratezza – non solo per scopi epidemiologici, ma anche come parte della nostra storia personale e sociale.

Perciò, apprendere che  i medici fiamminghi non riportano la pratica dell’eutanasia nei certificati di morte, ci lascia molto perplessi. La maggior parte dei medici fiamminghi che praticano l’eutanasia mentono sul certificato di morte: in una ricerca pubblicata  sull’European Journal of Epidemiology , alcuni ricercatori della Libera Università di Bruxelles ammettono che “i certificati di morte sottostimano sostanzialmente la frequenza dell’eutanasia come causa di morte in Belgio e sono quindi inaffidabili come strumento di monitoraggio della sua pratica”. Secondo un ampio campione di certificati di morte, lo 0,7% di tutti i decessi è stato descritto come eutanasia, ma un’indagine anonima parallela tra i medici ha prodotto un risultato ben diverso: sono per eutanasia il 4,6% di tutti i decessi.

Secondo i ricercatori le menzogne sono dovute al fatto che i medici, consapevolmente o meno, non vogliono riconoscere d’aver praticato l’eutanasia perché ritengono di non aver rispettato la normativa (ad esempio se l’è eutanasia non riportata al comitato di valutazione come richiesto dalla legge), oppure perché non vogliono che  il loro nome sia associato all’ eutanasia, o forse perché mancano delle chiare linee guida in materia.

I ricercatori, vista la situazione nelle Fiandre, ritengono che  la stima del numero di decessi per eutanasia sia del tutto impossibile  anche in altri paesi  con eutanasia legale.

Quindi, al posto delle statistiche ufficiali, gli studiosi e le autorità saranno costretti a fare affidamento su sondaggi anonimi come quello citato in questo post, per capire quante persone scelgono l’eutanasia o anche in quanti casi sia stata somministrata a prescindere dalla  volontà del morente.

Ad ogni modo questo reato (falso in atto pubblico) è più comprensibile di ciò che accade quando sono gli impianti normativi  che richiedono espressamente ai medici di mentire.

Per esempio nello stato australiano di Victoria, dove i medici non sono tenuti a dichiarare se la morte è avvenuta per omicidio del consenziente o eutanasia, in quanto i pazienti temono che le assicurazioni sulla vita possano sollevare eccezioni e non pagare i superstiti.

Invece le leggi dell’Oregon e di altri Stati americano che le hanno imitate,  chiedono ai medici di  registrare  come causa della morte una malattia  di cui soffriva il  paziente e non l’eutanasia somministrata – come se JFK fosse morto per il morbo di  Addison (di cui soffriva)  piuttosto che per il proiettile di un assassino.

Forse dovremmo tenere a mente le sagge parole dell’autore di uno studio sui certificati di morte:I certificati di morte sono davvero importanti. Lo dobbiamo ai nostri pazienti per poter registrare con precisione perché muoiono “- e quindi per  “aiutare i vivi “.

Michael Cook

(Traduzione non rivista dall’autore a cura della Redazione)

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