Fondi tagliati per i disabili: una triste realtà istituzionale che si ripete da ormai troppi anni e alla quale rischiamo di assuefarci e rassegnarci. La buona notizia – in totale controtendenza – è che la Regione Piemonte ha stanziato 100mila euro per un servizio a beneficio dei non udenti. L’aspetto che rende ulteriormente interessante il provvedimento è nel fatto che tale somma è stata direttamente stornata da un fondo che finanziava l’indottrinamento gender dei dipendenti pubblici. Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con il principale artefice dell’iniziativa: Maurizio Marrone, assessore ai Rapporti con il Consiglio regionale, Delegificazione e semplificazione dei percorsi amministrativi, Affari legali e Contenzioso, Emigrazione, Cooperazione internazionale e Post olimpico.
Assessore Marrone, dove sono stati spostati i fondi della Regione, precedentemente destinati a progetti ideologici a sfondo arcobaleno?
«Vanno sostanzialmente a coprire ed implementare un servizio che già esisteva ma che era limitato a certe fasce orarie. Con questo contributo dovremmo riuscire a portarlo a 24 ore di operatività. Si tratta di un servizio di video-interpretariato nella lingua dei segni, una realtà abbastanza all’avanguardia in Italia, per consentire a tutti i sordi che ne abbiano bisogno, di gestire i rapporti con i servizi pubblici e con la pubblica amministrazione, in tutti i casi in cui le istituzioni non siano attrezzate a relazionarsi nella lingua dei segni. In questo caso, i non udenti chiamano il video-operatore il quale traduce. Il servizio si chiama Comunica ENS, in quanto lo porta avanti l’Ente Nazionale Sordi».
Una scelta fortemente in controtendenza con quelle del governo nazionale (si pensi dal “ddl Zan surrettizio”, inserito nel decreto infrastrutture) e anche con la precedente giunta regionale di centrosinistra…
«Certamente, si trattava di un piano antidiscriminazione che avevamo ereditato dalla precedente Giunta Chiamparino e che prevedeva un fondo per realizzare dei corsi di formazione proprio in chiave antidiscriminazione. In passato, le esperienze sostenute con questa misura hanno riguardato la formazione degli operatori dell’UNAR. Vanno ricordati, però, anche i corsi del servizio LGBT del Comune di Torino rivolti, ad esempio, alla polizia municipale e ad altre branche dell’amministrazione civica».
Il ddl Zan si prefiggeva di tutelare i disabili assieme ad omosessuali transessuali, ponendo queste categorie sullo stesso piano. Siete andati quindi a scardinare uno schema che invece la sinistra riteneva vincente?
«Sono tutte dinamiche che non aiutano per nulla le persone che davvero soffrono per le discriminazioni. Con la scusa di una lotta alla discriminazione interamente ideologica, mirano piuttosto ad innervare la pubblica amministrazione con l’ideologia gender a tutti i livelli, quindi non solo sul versante politico ma anche su quello tecnico-amministrativo. Gli effetti li conosciamo: “genitore 1” e “genitore 2”, le parole che terminano con l’asterisco asessuato, i mestieri forzatamente accompagnati dalle “a” femminili. Tutte situazioni che non servono affatto ad aiutare chi è seriamente vittima di discriminazione per ragioni sessuali o altro; in compenso, sono utili all’egemonia culturale della sinistra arcobaleno anche all’interno di ogni branca dell’amministrazione, quindi della vita quotidiana del cittadino».
Con il vostro stanziamento per i non udenti, auspicate che il Piemonte possa diventare un modello per le politiche sulla disabilità anche per le altre amministrazioni regionali?
«Lo speriamo anche perché nelle leggi regionali, a partire dalla nostra, in cui si parla di discriminazione e contrasto alla discriminazione, si contemplano tutti gli ambiti, dalla disabilità ai motivi culturali o religiosi. Invece ci ritroviamo sempre questi strumenti legislativi concentrati esclusivamente sui temi del gender. Speriamo che anche le altre regioni di centrodestra, grazie a questa nostra azione, prendano un po’ di coraggio e vadano a riequilibrare gli ambiti di discriminazione oggettiva di cui soffrono i cittadini italiani. In caso contrario, i governi regionali di centrodestra rischierebbero di non lasciare alcun segno, impedendo soprattutto ai cittadini di centrodestra di percepire un minimo mutamento nelle politiche concrete di ogni giorno. Questo provvedimento potrà sembrare simbolico ma in realtà, per noi, è molto importante, proprio perché traccia una strada che speriamo faccia scuola anche nel resto delle regioni italiane».
Non è vero, dunque, che mancano i soldi per la disabilità?
«Abbiamo dimostrato che è una questione di volontà politica e che le risorse non saranno tante, ma comunque ci sono. Dipende sempre dalle priorità che ogni agenda politica si assume. Più che altro, si tratta di trasformare in azione politica quello che spesso resta mero oggetto di comunicazione durante le campagne elettorali. Purtroppo, ogni tanto, a destra, si tende ad accedere nella comunicazione, senza poi, però, offrire un’azione politica coerente. Questo fenomeno, a mio avviso, spiega anche l’astensione dalle urne, soprattutto in certi settori elettorali. Noi, invece, ci teniamo a confermare gli impegni elettorali che abbiamo assunto. Abbiamo sempre detto che la disabilità è un tema non adeguatamente valorizzato sul piano delle politiche e, soprattutto, dei finanziamenti. Abbiamo dimostrato che, quando c’è la volontà, i soldi si trovano. Speriamo possa diventare uno stimolo anche per il PNNR: anche in questo ambito, nell’inclusione sociale rischiamo di vedere sostenute sempre e solo politiche che riguardano i nomadi o gli extracomunitari, quando poi, in realtà, ci sono tematiche, come quella della disabilità, che risultano molto trasversali».