La proposta di distribuire gratuitamente la pillola anticoncezionale alle ragazze fra i 1 5 e i 1 8 anni, formulata da un ginecologo che siede al consiglio comunale di Bologna, è da considerarsi innanzitutto una trovata mediatica: come ginecologo, innanzitutto, dovrebbe conoscere i dati nazionali ed internazionali su contraccezione ed aborti, specie fra le minorenni, e sapere che il suo suggerimento,
apparentemente convincente, è invece fallito in tutti i Paesi in cui è stato applicato.
Non è infatti la diffusione massiccia di contraccezione chimica a diminuire le interruzioni volontarie di gravidanza, specie fra le minorenni. Anzi, al contrario: nei Paesi dove questo è accaduto – diffusione capillare di contraccezione, spesso senza coinvolgere i genitori – gli aborti fra le ragazze adolescenti non sono mai diminuiti, e anzi, spesso sono aumentati. Vediamo ad esempio i dati di Francia, Gran Bretagna e Svezia, rispetto a quelli italiani. Nel nostro Paese l’uso della pillola contraccettiva è fra i più bassi in Europa: le italiane usano la pillola nel 1 6,3% dei casi, le svedesi nel 50% e le francesi e le inglesi nel 40%.
Per quanto riguarda la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, il Norlevo – quel prodotto chimico che, secondo quanto riportato dal foglietto illustrativo allegato, assunto entro le 7 2 ore da un rapporto sessuale potenzialmente fertile impedisce un’eventuale gravidanza, senza escludere un meccanismo antinidatorio, cioè abortivo – sappiamo che ad esempio nel 2008 ne sono state vendute in Italia 381mila confezioni, in Francia 1 .21 3.000, in Gran Bretagna 1 .428.000, in Svezia 21 2mila. In Svezia, Inghilterra e Francia non è richiesta prescrizione medica per il Norlevo, che invece in Italia è obbligatoria e con ricetta non ripetibile (da notare che la popolazione della Svezia è di poco più di 9 milioni di abitanti contro i circa 60 milioni di italiani, 64 milioni di francesi e 61 milioni di inglesi: in percentuale, quindi, l’uso svedese è elevato).
Dal 1999 in Francia la pillola del giorno dopo può essere data nelle scuole a partire dagli 11 anni, anche all’insaputa dei genitori, mentre in Gran Bretagna qualche anno fa ha fatto notizia un progetto pilota per il quale le ragazzine fra gli 1 1 e i 1 3 anni potevano chiedere il Norlevo via sms, per “evitare imbarazzi”.
Da non dimenticare, poi, che in Svezia, Gran Bretagna e Francia, a differenza che in Italia, l’educazione sessuale è ampiamente diffusa a scuola, a partire dalle prime classi. In questo quadro, l’Italia è l’unico Paese in cui gli aborti sono costantemente diminuiti, dal 1982 ai giorni nostri, e quelli fra le minori sono i più bassi in Europa: dall’ultima relazione al parlamento sull’applicazione della legge 194 possiamo vedere che il tasso di abortività (definito come il numero di aborti per 1000 donne in età fertile), se riferito alle ragazze al di sotto dei 20 anni in Italia è 6,7 , in Francia 1 5,2, in Gran Bretagna 23,0 e in Svezia 20,9.
D’altra parte in Italia abbiamo anche un bassissimo tasso di natalità, il che significa che i metodi di controllo delle nascite scelti sono efficaci. Il numero basso di aborti, in costante diminuzione anche da prima che fosse distribuito il Norlevo, e la forte denatalità, significano che l’aborto non è usato come contraccettivo. Non si può neppure dire che questa situazione sia “merito” della legge 194. Se bastasse la legalizzazione a far calare gli aborti, lo stesso sarebbe accaduto in Francia, Gran Bretagna e Svezia, dove invece è avvenuto l’opposto.
Non è quindi la contraccezione chimica a far diminuire il numero degli aborti, almeno nei paesi occidentali simili al nostro. Ma qual è la causa della peculiarità tutta italiana di bassa natalità, scarso ricorso alla contraccezione e minore abortività rispetto ai paesi simili ai nostri?
Bisognerebbe avviare uno studio scientifico rigoroso che analizzi dettagliatamente i dati a disposizione, per dare risposte attendibili. Certo è che in Italia, nonostante tutto, la famiglia è ancora forte, specie se paragonata a quanto accade proprio nei tre Paesi che abbiamo preso a paragone. In Svezia e Francia oramai la maggior parte dei bambini nasce al di fuori del matrimonio, e la situazione disastrosa delle famiglie inglesi è stata oggetto di numerosi studi da parte dei politici di quel Paese, preoccupati per la loro tenuta sociale. Invece una rete salda di rapporti familiari fa sì che un bambino inatteso difficilmente div enti un problema insormontabile, un “ostacolo” da rimuovere a tutti i costi, come invece tende a considerare una certa “cultura contraccettiva”.
Chi si pone il problema di ridurre il più possibile gli aborti – e quindi anche quel ginecologo che fa parte del consiglio comunale bolognese – dovrebbe piuttosto riflettere su come educare ragazzi e ragazze alla responsabilità nei rapporti interpersonali, a cominciare da quelli affettivi, e quali strade percorrere, possibilmente insieme alle famiglie di appartenenza, che debbono restare il soggetto educativo principale di riferimento dei propri figli.
L’affettività e l’amore non possono essere ridotti a una faccenda di pillole prese al momento opportuno.
di Assuntina Morresi