A poche ore dalla conclusione della campagna elettorale per le elezioni amministrative, c’è una voce che – complice anche l’amplificazione di alcuni media - si sta facendo largo, con riferimento ai candidati sindaco della Capitale. La voce è quella di una sorta di equivalenza, se non perfino di interscambiabilità, tra il candidato del centrodestra, Enrico Michetti, e quello di Azione, Carlo Calenda. Questa supposta somiglianza tra i due candidati sarebbe tale, secondo alcuni rumors, che non meglio precisate quote di elettorato di centrodestra starebbero addirittura valutando di esprimersi in favore di Calenda, ritenuto una figura più carismatica, oltre che seria e preparata.
Ora, lungi da noi dare credito a simili di voci di corridoio, per quanto insistenti. Anzi, c’è da augurarsi che esse siano del tutto infondate. Per un motivo semplice: Enrico Michetti e Carlo Calenda non sono affatto due facce della stessa medaglia. Non si equivalgono. Lo si può affermare senza tema di smentita – e senza ricorrere a valutazioni arbitrarie né discrezionali – basandosi su un parametro oggettivo: quello dei programmi. Che dimostrano come sui valori che contano, quelli etici, Michetti e Calenda siano ben diversi, se non agli antipodi.
Qualche riscontro? Eccolo. Michetti ha preso con i romani un netto impegno antigender. «Eviteremo che nelle scuole si faccia promozione della teoria gender e del tema dell’utero in affitto», recita infatti un passaggio del suo programma, «intendiamo fermare l’indottrinamento dei bambini, restituendo alle famiglie il diritto di orientare la formazione dei loro figli». In più, come sappiamo, il candidato a Sindaco del centrodestra ha appoggiato e condiviso il Manifesto valoriale che Pro Vita & Famiglia e l'Associazione Family Day hanno proposto a moltissi candidati.
Per quanto riguarda Calenda, invece, non solo nel suo programma non si legge alcun impegno simile, ma sappiamo che il leader di Azione, giusti pochi giorni fa, si è fatto vedere alla gay street. Una comparsa che egli stesso ha rivendicato sui suoi canali social, tuonano contro «gli episodi di discriminazione e odio di genere a Roma» con il medesimo pathos di un Alessandro Zan.
Beninteso: Calenda ha tutto il diritto di prendere le posizioni che ritiene, ci mancherebbe altro. Ma non si dica che equivale, sul piano valoriale, al candidato di centrodestra, il quale nel suo programma ha previsto inoltre misure per l’infanzia, un forte sostegno alle famiglie numerose, insomma un insieme di interventi che rendono il suo orientamento pro life e pro family ben più di un mero auspicio.
Inutile poi dire che, se Michetti viene rapportato agli altri maggiori aspiranti sindaco di Roma – dall’uscente Virginia Raggi a Roberto Gualtieri – le differenze sui temi etici, già concrete con Calenda, diventano oggettivamente enormi. Infatti, la candidata del Movimento 5 Stelle, se è vero che non si è fatta vedere al Roma Pride di giugno, resta pur sempre colei sotto la cui amministrazione nell’ottobre 2018 ben 50 manifesti di Pro Vita & Famiglia contro l’utero in affitto furono rimossi.
Invece per il candidato del Pd, Gualiteri, parlano chiaramente le 136 pagine del suo programma, dove non solo la sigla Lgbt ricorre una quindicina di volte, ma sono pure presenti impegni quali «l’Istituzione dell’ufficio delegato ai temi LGBT+». Morale della favola, non c’è ombra di dubbio sul fatto che, per chi abbia a cuore i valori non negoziabili – a partire dalla difesa della famiglia e della libertà educativa dei genitori - , esista un solo possibile candidato sindaco di Roma, tra quelli più papabili, da sostenere, e cioè Roberto Michetti. Che, nonostante ciò che alcuni vogliono lasciar intendere, non ha sosia né surrogati.