Con una recente sentenza della Corte di Cassazione (16754 del 2/10/2012), viene riconosciuta la possibilità di un risarcimento direttamente all individuo nato affetto da una malformazione o da una sindrome genetica oltre al risarcimento che precedenti sentenze avevano riconosciuto alla madre per non essere stata messa nelle condizioni di poter eventualmente richiedere la applicazione della legge 194.
Gli eventi. Dieci anni fa, in una città del nord Italia nasce un bimbo affetto da sindrome di Down, dopo che gli screening effettuati in gravidanza avevano dato un risultato falsamente negativo (previsto dai limiti della metodica ed illustrato nell’informativa alla paziente). La madre – allora 26nne – (e la sorella) del bimbo Down chiede risarcimento milionario al Ginecologo curante quale garante del proprio figlio, perché la mancata diagnosi prenatale di sindrome di Down non aveva permesso la non-nascita (aborto ex legge 194) del bimbo stesso!
La Corte di Cassazione, accettando la tesi della donna ha praticamente ammesso la tesi secondo la quale se vi è una disabilità del feto diagnosticata in utero, lo stesso deve essere sottoposto ad interruzione di gravidanza! Sarebbe a dire che la società non accetta individui diversamente abili – con buona pace delle Paralimpiadi e di tutte le persone portatrici di handicap che contribuiscono quotidianamente al funzionamento della nostra società!
La SIEOG (Società Italiana di Ecografia Ostetrico-Ginecologica) esprime il proprio profondo stupore e la propria preoccupazione per questa sentenza, in quanto la stessa, oltre a sollevare una serie di problemi etici molto importanti sopra menzionati, contraddice alcuni elementi sostanziali della legge 194 e ha delle importanti ricadute sulla pratica medica. Tra l’altro, basterebbe fare tesoro di quanto accaduto circa 10 anni fa in Francia. Nel 2002, un caso quasi analogo (noto come caso Perruche) portò allo sciopero a oltranza di tutti i Ginecologi che effettuavano ecografie ostetriche e suscitò forti rimostranze di tutte le Associazioni che si occupavano a vario titolo di soggetti disabili (come sta accadendo ora in Italia – vedi parere Comitato Etico Università Cattolica) fino alla promulgazione di una legge che limitasse il riconoscimento di un tale diritto (Francia: legge 303 del 4/3/2002). Riconoscere il diritto a non nascere e risarcire un individuo affetto da un handicap per il fatto di essere nato significa considerare la disabilita in se come una condizione che non merita di esistere e puo portare ad estreme derive ideologiche nelle quali discostarsi da un modello di “normalita”” diventa pericoloso..purtroppo talvolta la storia anche relativamente recente non insegna…
Inoltre, tale preoccupante sentenza acuisce anche altre problematiche, di natura etica, morale, medico-legale, assistenziale.
In primo luogo, la sentenza, a nostro giudizio, suggerisce la possibilita’ di ricorrere all aborto su base ‘ eugenetica’ e smentisce la filosofia di fondo della legge 194 per la quale il ricorso alla interruzione di gravidanza viene accettato sulla base della necessita di tutelare la salute fisica o psichica della donna.
Inoltre, viene vieppiù acuito il contenzioso medico legale per casi di mancata diagnosi di patologie fetali, che stanno portando purtroppo ad un significativo cambiamento nell’atteggiamento degli operatori sanitari si vedono spesso costretti a scelte pericolose (ed economicamente costose) di medicina difensiva. In particolare, questa sentenza rischia di esasperare il ricorso alla diagnosi invasiva (amniocentesi e villocentesi), con aumento significativo delle perdite fetali relative al rischio di aborto correlato alla procedura (0,5%, 1/200). Si avrebbe altresì un effetto dirompente sulle attuali procedure di screening precoce (test combinato, integrato, tri-test) che hanno portato nel’ultimo decennio in tutto il mondo ad una riduzione significativa della diagnostica invasiva (villocentesi ed amniocentesi) con una importante diminuzione non solo dei costi per il SSN ma anche degli aborti collegati a tali procedure. Quindi, l’Italia si porrebbe ancora una volta (vedi legge 40) in imbarazzante e frustrante controtendenza rispetto a tutti i paesi dell’Unità Europea e di gran parte del mondo.
Nello stesso ambito, se non si pone rimedio, i premi assicurativi per Responsabilità Professionale che oggi purtroppo sono già nell’ordine di 10.000-15.000 euro/anno graviteranno ulteriormente, con una ulteriore riduzione delle compagnie assicurative che offrono tali polizze.
Dal punto di vista assistenziale, poi, tale sentenza rischia di rendere difficoltosa o addirittura impossibile, in alcuni casi la corretta applicazione della legge 194. Infatti, il precedente rappresentato dalla sentenza sopra menzionata rischia di far diventare directive la consulenza prenatale per malformazione fetale, che di per sé dovrebbe essere non-directive (cioe, fornire informazioni e valutazione prognostica senza orientare preferenzialmente la gravida/coppia verso l’interruzione di gravidanza o la continuazione della gravidanza). I Ginecologi che operano nel SSN e che sono responsabili delle interruzioni di gravidanza potrebbero pertanto sentirsi forzati ad una applicazione deviata della stessa, per quanto sopra espresso, con il rischio di un incremento significativo del ricorso all’obiezione di coscienza, e conseguente possibile paralisi nell’applicazione della legge 194, in un periodo nel quale – per il blocco nazionale delle assunzioni – molte strutture ospedaliere/universitarie sono già sotto organico.
La SIEOG si riserva di analizzare in modo maggiormente approfondito le argomentazioni della sentenza in oggetto con l’ausilio di esperti del Diritto ma ritiene opportuno e fondamentale l’intervento immediato del Legislatore per fare chiarezza una volta per tutte su di una materia molto complessa sulla quale la Corte di Legittimità da almeno un decennio produce sentenze che hanno indotto dubbi e preoccupazioni negli addetti ai lavori di un settore della medicina molto prezioso e utile per la l’intera popolazione delle gravide.
La SIEOG sollecita inoltre tutti i Ginecologi a sottoscrivere l’attuale protesta al link www.sieog.it/sottoscrizione [sottoscrizione chiusa] aggiungendo il proprio nominativo alla lista dei sottoscrittori. In tal modo, siamo sicuri di riuscire a farci sentire in sede governativa. Tale protesta NON riguarda solo chi applica la legge 194 ma, per la deriva etica e morale sopra riportata, riguarda TUTTI NOI, indipendentemente dal campo oncologico, riproduttivo o fetale nel quale lavoriamo quotidianamente.
di Dario Paladini