In questi ultimi anni in alcuni Paesi è in atto un vero e proprio genocidio nei confronti dei portatori di sindrome di Down: solo in Norvegia il 65 % dei bambini viene abortito, il 90 % in Gran Bretagna, il 95 % in Spagna ed addirittura il 100 % in Islanda.
Tante sono state le iniziative di sensibilizzazione contro questi aborti selettivi, da parte di associazioni che si occupano di aiutare le persone con sindrome di Down; ricordiamo quella della Canadian Down Sindrome Society che ha messo a confronto la situazione dei portatori dell'anomalia genetica con quella delle specie animali in estinzione, come a dire: anche noi con la sindrome di Down ci stiamo estinguendo. Ed è proprio così. Le associazioni che si occupano della tutela degli animali hanno più finanziamenti rispetto a quelle che si prendono cura dei bambini con trisomia 21.
In Italia abbiamo Nicole Orlando, 25 anni, campionessa paralimpica di atletica, la quale in un'intervista per Le Iene è andata in Islanda, dove il 100 % dei bambini viene eliminato, a chiedere in faccia ai medici: «Perché volete eliminarci?»
Tra le ultime campagne di sensibilizzazione, c'è stata quella di un video realizzato dalla National Down Syndrome Society per commemorare il 40° anniversario della sua fondazione, dal titolo "No limitations". È stato visualizzato migliaia di volte e condiviso da importanti associazioni che si occupano di aiutare i disabili. Nel video sono le stesse persone con sindrome di Down a rispondere ai principali clichés che sono loro rivolti.
Nel video, un medico enumera una serie di cose che le persone Down non possono fare ed i limiti che impediranno loro di avere successo nella vita, il tutto intervallato da ragazzi e ragazze con sindrome di Down che mostrano che non è vero: c'è una ragazza laureata, un cantante, una coppia sposata e così via. Il video si conclude con un coro di sfida da parte loro che dice: «I tuoi limiti. Non i miei!».
La negatività e gli stereotipi che fronteggiano i genitori di questi bambini sono tali da far scegliere loro l'aborto nella maggior parte dei casi. Il Down Syndrome Diagnosis Network (DSDN) è un'organizzazione fondata appositamente per cambiare il modo in cui i medici forniscono una diagnosi, sia prenatale che alla nascita. Le testimonianze raccolte sono raccapriccianti: una donna ha detto che il suo medico si riferiva al bambino come fosse un oggetto, mentre ad un'altra madre è stato detto che sua figlia sarebbe stata un vegetale.
Ma non è così: i progressi medici hanno allungato notevolmente la vita delle persone con sindrome di Down che oggi possono pensare di diplomarsi, laurearsi, lavorare anche a tempo pieno e addirittura sposarsi. Sono amati dalle loro famiglie, hanno relazioni ed affetto dalle persone che li circondano. Il problema non sta in loro ma in noi: saremo pronti a cambiare il nostro punto di vista e vedere in loro solo la normalità, la bellezza e la dignità di ogni vita umana?
di Chiara Chiessi