Molti hanno avuto la bontà di leggere questa introduzione sull’ipersessualizzazione della società che coinvolge e sconvolge anche i ragazzini e i disabili.
Su questo tema, estremamente delicato, è facile parlare o pontificare “dal di fuori”, ragionando per sentito dire. Lasciamo quindi la parola a una mamma di Salerno, che ci ha scritto esternando le sue preoccupazioni e il suo dolore.
Anche qui a Salerno si è tenuto un seminario sull’assistenza sessuale per i disabili o “lovegiver” (e vai con i neologismi!) e apprendo da un articolo di giornale che il disegno di legge in proposito è stato proposto da un senatore omosessuale che in barba alle leggi italiane volò all’estero per avere un bambino tramite la pratica dell’utero in affitto.
Il disegno di legge si intitola “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità”.
Io come madre di un ragazzo disabile e figlia di una donna paraplegica dall’età di 19 anni nonché cognata di una ragazza disabile dalla nascita mi sento veramente indignata.
Questa legge riguarda anche i disabili intellettivi (...)
Stimolare la sensorialità delle persone, in particolare dei più indifesi come i bambini e i disabili intellettivi che non hanno piena consapevolezza dei loro atti, lo ritengo un abuso.
Loro non hanno una piena possibilità di scegliere, né la capacità di decidere del proprio comportamento sessuale.
Nel momento in cui si sfrutta la loro corporeità, si presume che loro vogliano, ma non c’è mai la certezza che in realtà non siano costretti. Diventa un abuso sessuale.
E chi mi rassicura che se viene istituita l’assistenza dei “lovegiver” come se fosse una sorta di fisioterapia, mio figlio, che un giorno potrebbe essere ricoverato in un Istituto, non debba subire certe manipolazioni? E magari anche con partner dello stesso sesso? E dovremmo accettare la cosa come se fosse un aiuto da parte di un “operatore del benessere”?
Se tale tipo di prostituzione la fanno passare per una professione, addirittura socialmente utile, magari sovvenzionata dallo Stato (visto che i seminari sono promossi dal terzo settore), quanti ne abuseranno, come abusano del contrassegno per i disabili o dei permessi per la legge 104? E chi ci garantisce che il “lovegiver” non sia un perverso (o una perversa) che approfitta di un incapace di intendere e volere a suo proprio uso e consumo? Chi controllerà il tutto? Ci sarà anche uno che “assiste”?
La scrittrice Philippa Willits ha detto, giustamente, che l’assunto che nessuno farebbe mai sesso con una persona disabile per scelta personale e per amore non è solo inaccurato, è anche offensivo ed intessuto nel pregiudizio sociale (molti disabili – non mentali, ovviamente – sono felicemente sposati con figli: Nick Vujjici, nella foto, nato senza braccia e senza gambe, è felicemente sposato con una bellissima donna e hanno un bel bambino).
Chi vuole aiutare veramente una persona disabile, più o meno grave, anche mentale, gli doni un po’ del suo tempo, gli dia un po’ d’amicizia, a lui e alla sua famiglia. Ci sono tanti modi per dargli un momento di felicità, di condivisione, di gioia, con un po’ di affetto: di questo hanno bisogno gli esseri umani.
Questo è sicuramente più giusto e più dignitoso. Dovrebbero fare dei seminari per sensibilizzare la gente a considerare i disabili come persone, che hanno valore in sé, nonostante i loro limiti, che sono capaci di intessere relazioni di Amore, vero e puro: questo li rende davvero felici. E questo renderebbe felici pure i normodotati, se capissero che il sesso viene solo dopo l’amore (e solo in certi casi).
E’ possibile innamorarsi di una persona disabile e laddove c’è la maturità psicofisica necessaria, anche amarsi fisicamente. Ma non bisogna guardare alla loro sfera sessuale come un “problema”.
Il vero problema sta nelle relazioni umane e nel rispetto della dignità umana ed è lì che va affrontato. I ragazzi con disabilità mentale spesso ci fanno da maestri in questo e ci riportano al senso delle cose.
Una Mamma