Conosciamo tante persone che sono sopravvissute all’aborto. Tantissime altre, invece, no. Sono troppi i casi in cui i sopravvissuti all’aborto, cioè bambini nati, nel vero senso della parola, vengono lasciati morire o addirittura uccisi attivamente. Insomma, la maggior parte di loro non ha scampo. Non sono più solo i non nati (cioè bambini vivi e veri) ad essere in pericolo, ma anche chi è già nato.
In un articolo di Life News a riguardo, leggiamo la storia di un dottore, pioniere di questa pratica e giustamente arrestato per omicidio. «Gosnell aveva una soluzione semplice per i bambini indesiderati che aveva fatto nascere: li uccideva. […] Lo chiamava "assicurare la morte fetale". Il modo in cui ha assicurato la morte del feto è stato infilando le forbici nella parte posteriore del collo del bambino e tagliando il midollo spinale».
E non mancano altre testimonianze a riguardo, come quella di Sycloria Williams, che racconta: «Il proprietario della clinica ha preso il bambino che stava ansimando, gli ha tagliato il cordone ombelicale, l'ha gettata in un sacchetto per il materiale biologico pericoloso e ha messo il sacchetto nella spazzatura».
Sconvolgenti, poi, le informazioni ricavate dall’indagine di David Daleiden sulle attività di Planned Parenthood: «Un informatore ha raccontato di 20/20 gemelli nati vivi dopo un aborto fallito a Kansas City […] I gemelli si muovevano e si coccolavano a vicenda fino a quando un abortista non li affogò e raccolse i loro organi».
Insomma, tutto questo è oltremodo macabro e raccapricciante. «Un amministratore delegato di un'azienda biotecnologica che ha lavorato con Planned Parenthood non poté negare in tribunale che hanno raccolto i cuori dei bambini abortiti mentre stavano ancora battendo».
Alla brutalità dell’aborto si aggiunge, quindi, quella dell’infanticidio. Il tutto in nome di ciò che chiamano “diritto”.
di Luca Scalise