Bisogna aiutare e sostenere con convinzione le donne, a partire da quelle che vivono una gravidanza difficile o indesiderata in una condizione di solitudine. É questo il senso di un nuovo emendamento presentato giovedì al Parlamento europeo, su un parere della Commissione per lo sviluppo, dalla rappresentanza politica della Lega e, in particolare, dall’eurodeputata Alessandra Basso. «Abbiamo presentato un emendamento sul tema della salute riproduttiva delle donne», ha spiegato l’esponente leghista in una nota, perché «si continua a parlarne, ripetendo sempre le stesse cose, senza che mai nessuno si preoccupi di quelle donne che, lasciate sole, si sentono impossibilitate a portare avanti la loro gravidanza».
«Vogliamo parlare di questo tema?», si è inoltre chiesta l’onorevole, che ha subito aggiunto: «Bene, parliamo di loro. Una donna deve potersi sentire libera di scegliere la vita e di tenere il proprio figlio». In effetti, è singolare come, a fronte di tanto parlare che si fa ormai da anni a proposito dei cosiddetti “diritti riproduttivi”, il diritto di una donna ad essere accompagnata e sostenuta quando vive una gravidanza difficile o non desiderata non sia spesso considerato o proprio ignorato. E pensare, venendo all’Italia, che quello della socializzazione della maternità è, almeno formalmente, lo scopo principale della Legge 194/’78, il cui titolo, giova ricordarlo, recita “Tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza”.
Ma se anche nello stesso nome della legge la “tutela sociale della maternità” viene prima dell’aborto, come mai la prima raramente risulta garantita, a differenza del secondo? Una risposta convincente la offre sempre la deputata Basso, laddove afferma: «I cosiddetti diritti riproduttivi per alcuni sono solo una bandiera ideologica per portare avanti nichilismo e individualismo. Si preoccupano che ci sia la possibilità di far finire una vita, ma non si preoccupano che sia possibile scegliere di farla continuare».
In realtà, quello evidenziato dall’eurodeputata – e, di fatto, ribadito dall’emendamento da lei presentato – è un clamoroso paradosso. Infatti dovrebbe essere proprio l’Europa, senza il bisogno che qualcuno la stimoli a livello istituzionale con emendamenti o atti politici mirati, la prima ad occuparsi e preoccuparsi del sostegno alla maternità, a partire dalle situazioni in cui essa è vissuta in modo problematico. Per quale motivo? Semplice: perché il Vecchio Continente è da molto tempo flagellato da un inverno demografico che non ha precedenti o, se ne ha, sono di una tragicità sconvolgente.
Basti in proposito dire - come sottolineato qualche anno fa dal demografo e studioso Ben J. Wattenberg nel suo Fewer: How the New Demography of Depopulation Will Shape Our Future (Ivan R. Dee Publisher, 2005) - che mai, dai tempi non proprio allegri della Peste Nera, nel Vecchio Continente tassi di fertilità erano più caduti in basso così rapidamente, così a lungo e così diffusamente come negli ultimi decenni. Ecco che allora l’inverno demografico conferma come l’aiuto alle donne e alla maternità, ben lungi dall’essere il pallino politico di qualcuno, dovrebbe diventare una missione condivisa. Non solo per aiutare le donne in difficoltà, che è già priorità di civiltà, ma anche per darglielo un qualche futuro, a questa nostra anziana ed ingrigita Europa.