Una sentenza che apre un gravissimo vulnus, sul piano giuridico ma, soprattutto, sul piano culturale e che mette sempre più a repentaglio la vita dei malati gravi e dei più deboli. Lo afferma Aldo Bova, presidente del Forum delle Associazioni Sociosanitarie, interpellato telefonicamente da Pro Vita & Famiglia riguardo al pronunciamento della Corte Costituzionale che depenalizza il suicidio assistito. Secondo il professor Bova è fondamentale che le associazioni mediche pro life facciano ora pressione sul Parlamento, onde evitare un intervento legislativo che peggiori ancora più lo scenario generale riguardo al fine vita.
Professor Bova, nominalmente la sentenza si limiterebbe a depenalizzare alcuni casi eccezionali. Sarà davvero così?
«Non credo, il rischio è che venga interpretata in modo estensivo: da una piccola falla nell’ordinamento giuridico, si rischia di arrivare a una voragine. La situazione è molto rischiosa e si apre una strada pericolosissima. Quindi, noi medici per la vita ci ribelleremo a tutto questo, sotto il profilo istituzionale e legislativo ma, in primo luogo, culturale».
Qual è il suo giudizio sulla sentenza?
«È una decisione che favorisce l’omicidio e la morte. Come Forum delle Associazioni Sociosanitarie, riteniamo che he la vita vada tutelata sempre, dal suo sorgere al suo termine naturali. Riteniamo anche che il paziente in fin di vita che soffre, vada accompagnato e trattato in modo tale che patisca meno dolore possibile, che si confortato psicologicamente. Naturalmente va sempre categoricamente escluso l’accanimento terapeutico ma il fatto di dare la morte a un paziente o aiutarlo ad uccidersi, è fuori da ogni criterio umano e razionale, perché sotto il profilo del raziocinio, riteniamo che la vita sia un bene inestimabile che non è di proprietà di nessuna persona ma è un bene della collettività, un bene sociale e superiore. Nessuno può adoperare questo bene a proprio uso e consumo. Quindi, ora che ha depenalizzato il suicidio assistito, la Corte Costituzionale ha compiuto un errore e un’ingiustizia gravissima, ponendo le condizioni per la diffusione di una cultura secondo cui le persone sofferenti possono ritenere di togliersi la vita a loro piacimento. Secondo questa cultura, coloro che sono deboli e fragili sono visti come un peso per la società, che comporta dei costi economici, e che, quindi, vadano eliminati, secondo una concezione che va sempre più diffondendosi nella società. Noi, al contrario, affermiamo che le persone deboli e fragili vadano sostenute sempre, al di là dei costi»
Come agirà dunque il Forum per contrastare questa deriva giuridico-culturale?
«Per noi si tratta di una sentenza gravissima ma ancor più grave è il suo risvolto culturale. Come medici e come operatori sanitari dobbiamo ribellarci assolutamente a questa sentenza, in primo luogo agendo sul Parlamento, affinché modifichi questa decisione presa dalla Corte Costituzionale, evitando che il suicidio assistito diventi una prassi eseguita con sempre più disinvoltura. Dobbiamo fare in modo che il Parlamento agisca per incentivare l’aiuto alle persone morenti, ad esempio aumentando il numero di hospice in Italia, che cresca l’amore per i sofferenti. È nostro auspicio che il Parlamento non allarghi ulteriormente le facoltà rese possibili dalla Corte Costituzionale e agisca per migliorare le cose su tutto il territorio nazionale. Come movimento di persone che credono nella vita, riteniamo che si debba diffondere una cultura della vita. Le forze pro life devono mettersi insieme e portare una rigenerazione nei cuori e nelle menti, affinché la gente comprenda che è il momento di amarsi e di amare in modo particolare i più deboli. Diversamente andremmo verso la catastrofe sociale, umana e ambientale».
di Luca Marcolivio