Apprendiamo con profonda tristezza che Maria Sole Carcione ha consumato in Svizzera il proprio suicidio assistito, leggiamo su Today.
La donna fiorentina, di 63 anni, aveva scoperto da quattro anni di essere affetta da Sla, una malattia degenerativa che le stava rendendo pian piano impossibile ogni movimento: «Il mio corpo è tutto bloccato, muovo leggermente le mani, sono relegata a letto, prigioniera del mio corpo».
Prima di morire, attraverso un video messaggio, ha lanciato questo appello: «Chiedo ai politici italiani una legge sul fine vita perché voglio essere libera di scegliere se vivere o morire […] Per me è importante andare in Svizzera perché lì mi sentirò di nuovo libera. Non ho più la volontà e la capacità di vivere in questa situazione, ecco perché mi aggrappo alla richiesta ai politici italiani affinché venga fatta urgentemente una legge sul fine vita perché io vorrei essere libera di morire serenamente, di morire in pace».
La donna non ha mancato, inoltre, di porgere i suoi ringraziamenti a chi le ha offerto assistenza sanitaria, agli amici, ai colleghi e «un ringraziamento all'associazione Luca Coscioni per la vicinanza e l'aiuto per poter esaudire il mio desiderio di finire la mia vita in Svizzera».
Insomma, sembra proprio di trovarci di fronte al caso che smonta la concezione, condivisa da Pro Vita e Famiglia, secondo cui un malato, disabile o sofferente chiede la morte quando viene abbandonato; d’altronde, la stessa donna ha affermato di aver ricevuto assistenza e vicinanza.
Ma il solo fatto che a questa donna sia stata data la possibilità di suicidarsi non corrisponde, forse, ad una grave ed estrema forma di abbandono?
Svegliamoci: vogliono farci sembrare l’aiuto al suicidio come un atto di compassione. Maria Sole ha sofferto. Una persona che soffre è comprensibile che sia portata dallo sconforto a gettare la spugna. Se noi le diamo anche la possibilità concreta di farlo, non la stiamo, forse, spingendo ancor più verso questa opzione?
Come abbiamo sempre affermato noi di Pro Vita e Famiglia, una legge sul suicidio assistito e sull’eutanasia non può che provocare una vera e propria strage di sofferenti, di persone che dovevano essere aiutate a vivere, non a morire. Preveniamo, piuttosto, un simile disastro e proteggiamo la vita di chi è nel dolore.
«Eliminiamo la sofferenza, non il sofferente».
di Luca Scalise