25/10/2019

Suicidio assistito, quando i malati non vogliono morire

Nessuno ne parla, i media non danno mai loro risalto, ma ci sono malati, disabili e sofferenti che, nonostante la delicata situazione in cui vertono, di morire proprio non ne vogliono sapere. Anzi, sono così raggianti da emanare una gioia tale da contagiare chiunque è loro accanto.

Sono loro a fare la peggior pubblicità al suicidio assistito ed all’eutanasia, perché testimoniano come anche nel dolore si possa trovare slancio vitale. Un po’ come i due casi che Anna R. F. ha raccontato in un articolo di Aleteia.

In una conversazione casuale con dei conoscenti ha, infatti, scoperto la storia del figlio di una di essi, un ragazzo di 33 anni, rimasto tetraplegico in seguito ad un incidente risalente ad un anno fa. La madre racconta: «Prima di avere questo incidente aveva una depressione latente, non stava bene. Ora invece ha scoperto il dono della vita, l’altro giorno mi ha detto: “Non sono mai stato così felice come ora”».

E pensare che in alcuni dei Paesi che hanno già legalizzato l’eutanasia ed il suicidio assistito è sufficiente essere depressi per poter avere accesso a questi “servizi”. Se quel ragazzo ne avesse usufruito, non avrebbe mai scoperto che la sua vita è un dono, non sarebbe mai stato veramente felice.

Nella conversazione, Anna apprese anche di un’altra storia, da una donna con cui stava parlando: «Mio zio ha avuto un incidente, 30 anni fa, quando era ancora un ragazzo, e anche lui è tetraplegico. I primi tempi sono stati molto duri, […] è caduto in depressione subito dopo. Ma l’altro giorno, guardando un servizio al telegiornale, mi ha detto: “Se quando ho avuto l’incidente fosse esistito il suicidio assistito, l’avrei chiesto. Ma sono cosi grato che non fosse un’opzione”. Mio zio poi si è ripreso, si è sposato, ha guarito la sua ferita e oggi è un uomo pieno di vita che dà tanto a tutti».

Le situazioni sono molteplici, ma la nostra vita è unica ed è un dono, sempre. Ciascuno di noi merita di essere amato e di essere aiutato a scoprire la bellezza della vita anche nella sofferenza, fino alla fine. Perché a volte basta una semplice mano tesa a far dimenticare tutto il dolore.

 

di Luca Scalise

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