La Provincia di Trento si conferma all’avanguardia nelle politiche demografiche, nell’ambito degli enti locali. La Giunta Fugatti ha recentemente varato la dote finanziaria, provvedimento volto ad aiutare le giovani coppie a uscire dal nucleo familiare d’origine e a sposarsi. Ogni coppia riceverà un prestito fino a 30mila euro in 5 anni, a cui si aggiunge un contributo una tantum per il primo figlio pari a 15mila euro nello stesso quinquennio.
Nel recente passato, le misure di incentivo alla natalità si sono rivelate piuttosto efficaci nel territorio trentino: come sottolineato anche dal presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, negli ultimi anni sono diminuite le famiglie con un figlio, mentre le famiglie con due figli sono aumentate dal 44 al 46,9%. Tra il 2020 e il 2021, hanno conosciuto un incremento anche le famiglie con tre figli (dal 13,6% al 14,6%). Numeri e iniziative su cui Pro Vita & Famiglia ha raccolto il parere di Claudio Cia, capogruppo di Fratelli d’Italia al Consiglio Provinciale del Trentino, uno dei consiglieri più attivi sul fronte delle politiche familiari.
Ascolta "Trento. Cia: «30mila euro a chi mette su famiglia, 5mila per il terzo figlio. Ecco i dettagli»." su Spreaker.Cia, qual è l’obiettivo strategico dell’amministrazione provinciale nei confronti delle famiglie trentine?
«Sicuramente tutto ciò che promuove e riconosce la natalità è positivo. Non è il primo provvedimento che viene fatto in quest’ottica qui in Trentino, comunque, nel caso specifico, va ad interessare le coppie a cui nasce un terzo figlio. Nel Paese, crescono sempre più le famiglie con un solo figlio, oltre che quelle formate dai soli coniugi. Sono sempre meno, invece, le famiglie con due figli. Continuiamo a lamentarci dell’inverno demografico, quindi credo che, nel suo piccolo, la Giunta Provinciale trentina abbia cercato di battere un colpo, proponendo un bonus per aiutare le famiglie che decidessero di avere un terzo figlio. I sindacati si sono un po’ scandalizzati di questo provvedimento, come se si trattasse di un “mercato dei figli”: ovviamente non è di questo che si tratta, credo piuttosto sia un aiuto per le famiglie che comunque si vogliono impegnare e dare un futuro alla nostra terra».
In Trentino, i dati sono molto significativi: stanno aumentando le famiglie con due o tre figli. Un dato, quindi in controtendenza: lei come lo valuta?
«Sicuramente le politiche a favore della famiglia aiutano. Forse non saranno risolutive di tutte le problematiche che accompagnano la nascita di un figlio ma sicuramente sono un segnale di attenzione e di rispetto e anche un modo di dire grazie a chi si incammina in un percorso che sappiamo essere molto impegnativo, ovvero quello di promuovere la vita nella propria famiglia. L’obiettivo è quello di estendere ciò che si fa con la Legge 104 ai figli nei primi tre anni di vita, in modo che una madre o un padre possano dedicarsi a loro h24, senza perdere il reddito, né i contributi figurativi. Se tutto questo è stato pensato giustamente a favore dell’anziano o comunque della persona inferma, credo che, a maggior ragione, si dovrebbe arrivare a pensare a un provvedimento simile a favore del bambino e quindi anche della famiglia in generale. Certo, bisognerebbe creare un sistema legislativo per cui chi volesse intraprendere questo percorso non debba poi ritrovarsi senza lavoro; allora si farebbe in modo che le aziende che per un paio d’anni perdono il proprio dipendente, vengano compensate con finanziamenti che rendano addirittura vantaggioso avere dipendenti che un domani scelgano di dedicarsi per 2-3 anni al proprio figlio. Io credo che fintanto che non arriveremo a un provvedimento simile, tutte le misure possano essere utili ma forse non sufficienti ad invertire il trend demografico».
In termini concreti in cosa consistono gli aiuti varati per le famiglie numerose del Trentino?
«Vengono riconosciuti 5000 euro alla nascita del terzo figlio».
Per concludere, ritiene che il modello Trentino possa essere ripreso a livello nazionale nell’ambito di politiche demografiche a più ampio raggio?
«Sicuramente può essere indicativo per molti altri territori. Quando si toccano questi temi, per cui c’è di mezzo il termine “natalità”, c’è sempre il pericolo che qualcuno risponda in termini ideologici: certe segreterie politiche hanno un atteggiamento ostile verso tutto ciò che riguarda la famiglia. Quando si parla di famiglia, si parla anche di valorizzare la natalità, quindi, sicuramente quello che arriva dal Trentino non è un brutto messaggio. Il nostro provvedimento potrebbe essere copiato o addirittura migliorato, se lo si guarda con occhi limpidi e non offuscati da un’ideologia che vorrebbe accantonare la famiglia naturale e introdurre altre forme di convivenza che però non sono garanzia di stabilità coniugale o di coppia ma, soprattutto non sono una garanzia per un luogo sicuro dove far crescere dei bambini».