26/06/2017

Un vero “sos” vita da vivere in diretta!

La vita è un bene prezioso, ma l’aborto la minaccia continuamente.
Ecco la testimonianza di una volontaria del CAV: persone splendide che spendono la vita a salvare la vita dei bambini e delle madri, ma che – purtroppo – non sempre riescono nel loro intento.

Una fredda mattina di dicembre, mi trovo a far la fila agli sportelli dell’ufficio postale di Pinerolo.

All’improvviso squilla il cellulare nella mia borsa: è il cappellano del vicino ospedale che mi chiede aiuto per un caso estremamente urgente e delicato: «Una donna sta per abortire.. accorriamo in soccorso del piccolo innocente!».

Un vero “sos vita” da vivere in diretta.

Mi precipito all’ospedale. Don Franco mi aspetta nel suo ufficio e mi prospetta il caso: «È questione di minuti. Durante il giro mattutino nei reparti – racconta – ho parlato con una coppia cercando di porgere aiuto psicologico e di far capire che stavano per compiere, oltre ad un passo totalmente sbagliato, il gravissimo peccato di uccidere il proprio figlio».

Dopo un attimo di raccoglimento in cappellina, raggiungiamo assieme la camera al IV piano, ma nel frattempo il marito si è dileguato. La donna veste già il sottile camice verde e la cuffia, pronta ad accedere alla sala operatoria.

Ci avviciniamo, io sorridente e positiva, approcciando amorevolmente quella donna sicuramente in preda ad un grande combattimento spirituale.

Presentazioni, carezze, tenerezza nei suoi confronti e richiesta di spiegazioni: lei è albanese, il marito rumeno. Abitano a pochi chilometri. «Mio marito è disoccupato, stanno per sfrattarci, abbiamo giù una bambina di tre anni...».

Le offriamo immediatamente tutta la nostra disponibilità: da parte di Don Franco un appartamento di proprietà della curia vescovile e qualche possibilità di lavoro per il marito.

Da parte mia l’aiuto onnicomprensivo del Centro di Aiuto alla Vita: sostegno psicologico, affettivo, pratico ed economico.

Racconto alla madre il miracoloso sbocciare della vita che da quasi tre mesi porta in grembo, con il sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi.

Di tanto in tanto fanno capolino le infermiere con la lettiga per condurla ad abortire, io chiedo un altro po’ di tempo. Lei tentenna dubbiosa. Le chiedo di farmi parlare col marito al telefono, gli faccio presente tutta la disponibilità che potremo offrirgli, gli offro tutto l’appoggio per mettere al mondo questa nuova vita frutto dall’amore. Lo invito a ripensarci con calma, a pranzare con la famiglia a casa mia (poco distante dall’ospedale). Gli ripasso la moglie diverse volte. Si parlano in rumeno.

Si riaffacciano le infermiere : «Allora, andiamo?». Chiedo tempo, chiudo la porta della camera. Invito ancora la donna a non commettere quel gravissimo errore che la farà soffrire per tutta la vita. A rivestirsi, lasciare il mortifero reparto e venire via assieme a me. Ma lei è totalmente succube del marito ed accetta di abortire.

Richiama le infermiere.

Si rinnova per l’ennesima volta il dramma dell’uccisione di un essere innocente ed indifeso. Mi sento a pezzi, impotente. Ho la netta sen- sazione che la povera creatura mi chieda aiuto prima di essere stracciata dall’aspiratore e spazzata va dalla “curette”.

Torno esausta dal cappellano, parliamo. Ce l’abbiamo messa tutta. Il bambino aveva l’anima e vive in relazione con Dio.

La strage degli innocenti prosegue ai sensi dell’iniqua, infame, legge 194 / 1978.

Anna Maria Pacchiotti

Fonte: Notizie ProVita n. 28, marzo 2015, p. 7


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