E’ uscito recentemente un rapporto dell’UNICEF intitolato «On my mind» che ha esaminato lo stato di salute mentale dei giovani di tutto il mondo, evidenziando un fenomeno numericamente importante e preoccupante: ben 89 milioni di ragazzi e 77 milioni di ragazze manifestano disturbi, clinicamente rilevanti, legati alla salute mentale.
Il 15 ottobre sono stati resi noti i dati dettagliati relativi all’Europa («Regional Brief: Europe. The state of the world’s children 2021»). E’ emerso immediatamente come il suicidio sia la seconda causa di morte tra i giovani, dietro ai decessi per incidenti stradali.
Circa 1.200 tra bambini e adolescenti pongono fine alla loro vita ogni anno – 3 vite al giorno perse in Europa ! – e la pratica suicidiaria è maggiore fra le donne rispetto agli uomini (69% vs. 31% nel 2019). Le nazioni più interessate sono quello dell’occidente europeo (Spagna, Portogallo, Irlanda), con problematiche mentali attorno al 20%, a differenza dei paesi dell’est Europa dove si registrano percentuali minori (10-11%). Si stima che la perdita annuale di capitale umano, che deriva dalle diverse problematiche di salute mentale tra i bambini e i giovani, è di circa 50 miliardi di euro.
Percentuali importanti sono poi riportate anche per problemi mentali di piccola-media entità (ansia, depressione): circa il 19% dei ragazzi europei tra i 15 e i 19 anni soffrono di queste patologie e circa 9 milioni di adolescenti europei (10-19 anni) convivono con un disturbo legato alla salute mentale. In Italia i numeri sono abbastanza in linea con quelli europei: il 16,6% degli adolescenti soffrono di tali problemi, in particolar modo le ragazze: 17,2% vs. 16,1% dei ragazzi.
Alla luce di questi dati, sono intervenuti personaggi autorevoli (Sua Altezza Reale la regina Mathilde del Belgio, Geert Cappelaere, rappresentante UNICEF, e Stella Kyriakydes, Commissario Europeo). Tutti hanno richiamato come concausa la pandemia COVID19, anche se si è riconosciuto che il fenomeno è antecedente ad essa. Tutti hanno unanimemente sollecitato i governi nazionali e le Istituzioni dell’Unione Europea ad intervenire mediante investimenti sull’assistenza all’infanzia, sul potenziamento dei servizi per la salute mentale, su attività informative ed educative all’interno delle scuole, sulla formazione degli insegnanti, dello staff scolastico, degli operatori sanitari e sociali. Si tratta insomma di una vasta operazione «riparativa» dove tutte le risorse disponibili devono essere impiegate per salvare quante più vite possibili, specie per il futuro dell’Europa.
In questi giorni in Italia sta continuando l’iter parlamentare per l’approvazione di un testo unico relativo all’eutanasia e suicidio assistito ed è stato presentato dai radicali un referendum per l’eutanasia.
Come non rilevare una stridente dissonanza tra la lotta per la sopravvivenza, specie dopo la pandemia COVID19, e questi tentativi di distruzione di vite umane attraverso leggi che non sollecitano alla speranza o al riscatto sociale e psicologico?
Invece di aiutare i nostri giovani a sopravvivere, si vuole favorire la loro morte anticipata? Si parla di speranza e di futuro: con quali progetti vogliamo realizzarle?
E come non pensare infine agli immensi danni psicologici ed economici (peraltro già rilevati del Brief dell’UNICEF) della «perdita di capitale umano»? Le leggi sull’eutanasia e sul suicidio assistito, nei paesi in cui sono già in vigore, stanno ampiamente dimostrando di essere capaci non solo di mettere in crisi la scala dei valori esistenziali, umani e spirituali, ma anche di incrinare quel sistema economico che si regge sull’uomo «efficiente e produttivo».
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