17/08/2018

USA e aborto: quando i medici sono più “politici”...

Con due recenti articoli, Live Action ha messo in luce un profilo preoccupante dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), organizzazione che persegue lo scopo principale di tutelare la salute delle donne: per la delicatezza della missione che si propone, e per l’alto grado di professionalità che ci si aspetta da un ente del genere, desta meraviglia che sia apertamente schierato a favore dell’aborto come «componente essenziale dell’assistenza sanitaria alle donne». Per dare un’idea del grado di coinvolgimento politico (ben oltre il giudizio medico) dell’associazione, nel 1966, i membri dell’ACOG si mobilitarono in favore della liberalizzazione dell’aborto e nel 1968 il consiglio esecutivo approvò una delle politiche di aborto più liberali di qualsiasi organizzazione medica professionale fino ad oggi, come evidenziato in un rapporto del New York Times. Da quel momento, l’ACOG ha rilasciato numerose pubblicazioni, pareri e documenti di formazione, a sostegno del diritto di aborto.

L’episodio più significativo, però, da questo punto di vista, si è avuto in tempi recenti: nel 2009, l’organizzazione si è spesa per eliminare l’Emendamento Hydela norma che proibisce in via generale che l’aborto sia finanziato con denaro pubblico (vergogna che invece l’Italia si tiene stretta). Più che da un ente medico professionale, ci aspetteremmo una mossa del genere da un’associazione di attivisti pro choice. E se, a proposito di aborto, l’ACOG afferma che la «donna incinta [...] dovrebbe essere pienamente informata in modo equilibrato su tutte le opzioni» e che «le informazioni trasmesse dovrebbero essere appropriate alla durata della gravidanza», la scheda informativa sull’aborto tace completamente sulla natura dell’embrione o lo sviluppo del feto, e nemmeno indica dove la donna può recarsi per ottenere davvero la facoltà di scegliere tra tutte le “opzioni” possibili.

Il vero paradosso però deve ancora venire: l’ACOG ha linee guida più severe per i centri di nascita che per le strutture per l’aborto. Nella serie di video How I Practice, l’organizzazione mette in guardia da un «aumento del numero di donne che stanno tentando il parto a casa [...] presenziato da ostetriche o assistenti alla nascita certificate che non hanno privilegi di ammissione in ospedale (una convenzione con gli ospedali, richiesta per i medici che operano al di fuori, finalizzata a consentire il ricovero immediato dei pazienti in caso di complicazioni, n.d.r.)». Quando si tratta di aborto, invece, l’ACOG promuove l’abolizione dei suddetti hospital admitting privileges per i medici che praticano aborti nelle apposite strutture dedicate.

Insomma, a quanto pare anche l’ACOG, come l’OMS, è un ente politico piuttosto che sanitario.

Redazione

Fonti:
LiveAction1
LiveAction2

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