All’ospedale di Monza, dove si tengono delle veglie di preghiera per la vita, dei vandali pro aborto lasciano una firma che li qualifica per bene: parolacce, croci sataniche rovesciate e ovviamente bestemmie (che però abbiamo voluto risparmiare ai nostri Lettori).
Da diversi anni, una volta al mese, la nostra associazione “Ora et Labora in difesa della vita” organizza un incontro di preghiera e testimonianza davanti all’ingresso del San Gerardo di Monza.
Questo mese era previsto per il 23 agosto.
Al nostro arrivo abbiamo trovato il muro esterno dell’ospedale completamente imbrattato di croci rovesciate, bestemmie, ingiurie e minacce contro l’obiezione di coscienza, oltre ai soliti vecchi mantra «l’utero è mio e lo gestisco io» e «aborto libero», accompagnato dal simbolo di autonomia operaia.
Rileggendo a mente fredda queste frasi, condividiamo qualche riflessione.
Riguardo alle bestemmie vorremmo dire a chi ha scritto queste oscenità che non ha nessun senso attaccare la religione, perché l’intangibilità della vita umana è un’evidenza della ragione e della scienza, che non richiede il ricorso alla fede per essere compresa.
Al solito ritornello femminista «l’utero è mio e lo gestisco io» invece si può semplicemente replicare: «Ma se l’utero è tuo, perché il tuo aborto lo fai pagare a me?».
Padre Andrea d’Ascanio nel suo libro L’uomo non uccide l’uomo scriveva: «“L’utero è mio”, tu continui a gridare nelle grandi sfilate, infiorata di mimose. Ma dal momento in cui – per un atto della tua libera volontà- hai permesso che in te spuntasse il miracolo della Vita, non puoi dire “è mio!”, senza tener conto della presenza di un’altra persona che tu hai fatto germogliare in te. L’utero è tuo… ma anche il bimbo che vive in esso è tuo… e non ti è lecito strapparlo via perché ti pesa… Quel bimbo è tuo, anche se tu non lo vuoi, ma non è solo tuo: è anche mio, è nostro, perché è figlio dell’uomo!»
Infine la frase «aborto libero» nasconde un grande inganno: non può essere libera la donna che acconsente a uccidere il bimbo che porta nel grembo, perché se lo fosse veramente non compirebbe mai un gesto che dovrebbe farla inorridire al solo pensiero, ferendola nella sua essenza femminile più profonda e identitaria, nè può essere civile una società che legittima l’omicidio di un essere umano innocente e indifeso.
Noi volontari, nel testimoniare l’impegno in difesa della vita, agiamo nella piena legalità e ci esponiamo coraggiosamente a viso aperto, al contrario questi cultori della morte preferiscono muoversi nell’ombra, ricorrendo a metodi intimidatori e violenti, che li rendono quantomeno poco credibili come paladini dei “diritti umani”.
Infatti riguardo all’aborto parlano di “diritto di scelta” della donna, quando poi in pratica lasciano alla mamma solo la “scelta” di uccidere la propria creatura.
Premesso che dal momento del concepimento esiste il fondamentale diritto del bambino a nascere, indipendentemente dalle legislazioni di alcuni paesi, incluso il nostro, che in particolari condizioni lo subordinano a quello della madre di interrompere la gravidanza, sono ugualmente sacrosanti il diritto all’ obiezione di coscienza e il dovere di rispetto per la religione, senza dover subire intimidazioni e violenze, indegne di uno stato civile.
In un momento in cui si riscontra un generale risveglio nelle coscienze dei giovani nella percezione dell’aborto (un recente sondaggio Gallup indica che il 53% delle persone nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 34 anni ritiene l’aborto “moralmente sbagliato” e da rendere illegale in tutte le circostanze) risultano ancora più inquietanti questi segnali di violenza ottusa e ideologizzata, che si compiace di simbologie sataniche, in una città ancora abbastanza disabitata e all’apparenza tranquilla, come dovrebbe essere Monza nel mese di agosto.
La speranza è che queste scritte immonde, testimoniando la levatura morale di quanti diffondono la cultura della morte, possano contribuire a ridestare tanti animi indifferenti e intorpiditi dalla propaganda politicamente corretta.
Giorgio Celsi e Wanda Massa