Mentre il nostro Parlamento, dopo la legge sulle unioni civili, esamina alcuni ddl sull’eutanasia, dall’altra parte dell’Oceano arriva una storia di vita che dovrebbe farci riflettere.
Dylan Rizzo è un ragazzo americano che nel 2011 è stato coinvolto in un terribile incidente d’auto. Aveva solo 19 anni, quando, portato d’urgenza al Massachusetts General Hospital di Boston, gli è stata rimossa parte delle ossa del cranio per evitare che l’ematoma che si stava formando lo uccidesse. Ovviamente è caduto in un coma profondo.
Quando si è svegliato dal coma però è passato ad un persistente stato vegetativo: aveva gli occhi aperti, ma nessun tipo di reazione al mondo esterno. Una situazione tragica, un’agonia, che, i medici avevano preannunciato ai genitori e agli amici, sarebbe durata per tutta la vita.
Ma un neuro-psicologo dello Spaulding Rehabilitation Hospital, Joseph Giacino, studiato il caso, ha avuto fiducia nel recupero del ragazzo perché, “il 40% delle persone che versano in stato vegetativo, mantengono una forma di coscienza e di conoscenza”. “Una percentuale assolutamente poco trascurabile”.
Così, i genitori e gli amici non hanno smesso di incoraggiare Dylan e di interagire con lui perché, ha raccontato Giacino, “se è vero che il cervello non è un muscolo, e quindi il semplice esercizio non può aiutare a compiere progressi, senza dubbio un comportamento di questo tipo può aiutare il paziente a riprendersi”.
Dopo cinque anni Dylan ha cominciato a rispondere agli stimoli della sua famiglia e dei suoi amici e ha fatto dei progressi impressionanti: si è rimesso in piedi, ha ricominciato a camminare e salire le scale.
Casi come questo convincono sempre più i medici che lo stato vegetativo non è più uno stato irreversibile, come si pensa troppo spesso. E’ quindi assurdo pensare di abbreviare la vita di questi pazienti “erché tanto non c’è più niente da fare”. Anzi, clinicamente, lo stato vegetativo non dovrebbe essere considerato permanente prima di 12 mesi, visto che, ha spiegato Giacino, “sappiamo che il 15% dei malati si riprende entro un anno”.
Infine, la cosa che ha colpito di più di questa storia è la grande lezione di forza, di costanza e di voglia di vivere che è stata data a tutti proprio da Dylan. “Non si tira indietro davanti a nessuna sfida”, raccontano i medici. E la cosa più sorprendente è che l’unico a non essere sorpreso dell’esito di questa storia, è stato proprio Dylan. Nessuno si aspettava che il ragazzo si riprendesse a tal punto date le sue condizioni, ma a Dylan invece è sembrato un processo semplice e naturale. E il ragazzo ora non chiede altro che “continuare ad andare avanti”.
Fonte: Life News
Anastasia Filippi
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